Sa Resolza – L’oggetto che racchiude l’orgoglio di un’intera isola
Su qui est intro su coro l’ischit Deus et i su punzone
Ciò che sta dentro il cuore lo sanno Dio e il pugnale.
Tra le più antiche tradizioni dell’isola, quella de “Sa Resolza” è sicuramente una delle più indissolubilmente legate alla terra sarda. Si tratta del coltello indispensabile fin dall’alba dei tempi alla quotidianità dell’uomo sardo, usato per l’intaglio di materiali come il legno ed il sughero (da dove nasce un’altra antica arte sarda, l’intaglio e la decorazione), per la caccia, per la potatura, per tagliare e portare alla bocca cibi e per tutte le necessità quotidiane di minatori, contadini e pastori. Si colloca, inoltre, alla base di molte altre tradizioni sviluppatesi intorno all’utilizzo di questo prezioso accessorio che l’antropologo Bachisio Bandinu definisce come “il prolungamento della mano” degli uomini sardi, che oggi diventa un prezioso manufatto d’arte, ambito dai collezionisti di tutto il mondo.
La presenza di questo accessorio nella quotidianità sarda viaggia indietro fino al neolitico, quando veniva prodotto con ossa e selce, poi sostituiti dall’ossidiana e commercializzato in tutto il Mediterraneo. Con la diffusione dell’attività estrattiva si diffuse l’arte della lavorazione dei metalli, perfezionando, così, la fattura di queste armi da taglio. La testimonianza del loro utilizzo durante l’età del bronzo e del ferro, ci perviene grazie ai famosi “Bronzetti sardi”, statuette con funzione funeraria realizzate tra il IX secolo a.C. e il VI secolo a.C. , che rappresentavano guerrieri che impugnano quella che può essere considerata come l’antenata della resolza, la “Leppa de Chintu”, una specie di sciabola molto più grande degli esemplari dei giorni nostri (circa 60cm in totale, con lama ricurva e manico in corno), che rimase l’arma più diffusa in Sardegna fino all’’800. La lontana origine di questa tradizione non stupisce gli storici. I sardi, di fatto, sono sempre stati abili forgiatori e modellatori, ispirati anche dai rapporti di scambio con altre antiche civiltà del Mediterraneo, arabe e africane. Le successive influenze romane, fenicie, puniche e orientali (date dai templari di rientro da terre lontane) ne perfezionarono ancora di più la realizzazione.
Nel corso dei secoli le dimensioni della lama vennero molto ridotte e durante il periodo sabaudo, 1908, venne regolamentata una dimensione non eccedente i 6 cm, per questo i fabbri artigiani iniziarono ad occultare la lama nel manico, dando vita al coltello a serramanico che noi tutti conosciamo oggi.
Sa Resolza è uno dei capisaldi della cultura isolana, tanto che la Regione Sardegna conferisce a tre tipologie specifiche il marchio D.O.C.:
- La Guspinesa, proveniente dalla cittadina di Guspini
- La Arburesa, da Arbus, dove troviamo anche il museo dedicato al coltello sardo
- La Pattadesa, da Pattada, considerato il coltello sardo per eccellenza
Massimo Manca, maestro artigiano di Pattada
Abbiamo avuto l’onore di parlare con uno dei maggiori esperti di questa antica arte: Massimo Manca, abile forgiatore della scuola di Pattada, paese ormai famoso in tutto il mondo per la produzione dei suoi tipici e preziosi manufatti.
Massimo, da circa 16 anni coltiva e sperimenta il suo amore per la creazione artigianale, approfondendo lo studio della tradizione “de sa Pattadesa”, combinando memoria e una continua ricerca della perfezione.
Nel corso degli anni, Massimo ha fatto delle origini semplici e rurali di questo accessorio un’icona di eleganza e orgoglio simbolo della sua terra e del suo popolo.
Nella sua continua sperimentazione combina materiali d’avanguardia con lame elaborate con preziosi dettagli stilistici ed artistici che ne fanno un vero e proprio pezzo d’arte tramandato nei secoli e unico al mondo.
Un magnifico esempio d’avanguardia è la linea dedicata agli Yacht Riva. Design innovativo ispirato ai colori e alle forme delle storiche imbarcazioni della maison, materiali moderni e ricercati e la consueta eleganza che contraddistingue il suo lavoro.
Il modello più prezioso della produzione di Massimo è senza dubbio il coltello realizzato con forme equestri, realizzato con manico in corno di muflone con perni e punta in oro modellata a testa di cavallo, con criniera ricoperta di brillanti e lama in acciaio intagliata con incisioni dettagliate e artistiche. Il valore dell’opera si aggira intorno ai €30.000.
M. Carta